In pensione a 67 anni e tre mesi: cosa cambia per gli importi
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Dal 1° gennaio 2027, l’età per accedere alla pensione di vecchiaia salirà da 67 anni a 67 anni e 3 mesi, in base al meccanismo automatico legato all’aumento della speranza di vita certificato dall’Istat.
Questo adeguamento rappresenta una delle misure che più impattano i lavoratori prossimi alla pensione, generando incertezza su quando sarà realmente possibile uscire dal lavoro.
Perché l’età pensionabile aumenta
Ogni due anni l’Istat aggiorna le statistiche sulla speranza di vita.
Quando i cittadini vivono più a lungo, lo Stato “allunga” i tempi per il ritiro, così da bilanciare la spesa pubblica.
Nel 2027 scatterà quindi un nuovo scatto: +3 mesi rispetto ai 67 anni attuali.
In pratica:
- Chi avrebbe maturato i requisiti a gennaio 2027 dovrà lavorare fino ad aprile.
- Chi puntava a lasciare il lavoro a metà anno, vedrà slittare la decorrenza a fine estate.
Può sembrare poco, ma in realtà si tratta di un trimestre di stipendi e contributi in più, e di piani di vita completamente da rivedere.
Chi ci rimette di più
Il nuovo requisito non colpirà tutti allo stesso modo.
Il Governo starebbe valutando “deroghe selettive” per alcune categorie (lavori usuranti, precoci, caregiver), ma per la maggior parte dei lavoratori l’adeguamento sarà automatico.
Per chi è nel settore sanitario, ad esempio, la questione è ancora più delicata:
- turni prolungati, lavoro usurante e carriere frammentate rendono più complesso raggiungere i requisiti;
- ogni mese in più di contributi può fare la differenza anche sull’importo dell’assegno finale;
- chi ha versato in gestioni diverse (INPS, ENPAM, INPDAP) rischia errori nel calcolo dei contributi.
Un esempio concreto
Un medico con 40 anni di contributi e un reddito medio-alto che va in pensione nel 2027 dovrà versare circa 2.500 € in più di contributi rispetto a chi esce nel 2026.
In compenso, otterrà un incremento dell’assegno di circa 40-60 € al mese, ma solo se il calcolo contributivo sarà esatto.
E proprio qui nasce il problema: molte pensioni non lo sono.
Il vero rischio: pensioni già sbagliate
Secondo le analisi del team legale di Consulcesi & Partners, condotte attraverso il servizio OKPensione le pensioni presentano errori di calcolo almeno nel 50% dei casi analizzati.
Gli sbagli più comuni riguardano:
- contributi non riconosciuti o rivalutati male;
- errata applicazione del sistema misto (retributivo/contributivo);
- periodi contributivi omessi (maternità, malattia, servizio militare).
Errori che, sommati all’inflazione e ai nuovi requisiti anagrafici, possono significare centinaia di euro in meno al mese.
La soluzione: fare chiarezza prima del 2027
In un contesto in continuo cambiamento, la pianificazione previdenziale non è più opzionale: è una necessità.
Con OKPensione puoi:
✅ Verificare se la tua pensione è stata calcolata correttamente;
✅ Scoprire quanto potresti ricevere in base alla nuova età pensionabile;
✅ Ricevere assistenza da un team legale e previdenziale esperto nel settore sanitario e pubblico.
“Ogni riforma porta con sé incertezze e penalizzazioni. Il nostro obiettivo è dare ai cittadini strumenti di verifica e consapevolezza, perché conoscere la propria posizione previdenziale è il primo passo per difendere i propri diritti.”
— Bruno Borin, Responsabile Team Legale Consulcesi & Partners
Cosa fare subito
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